Riprendiamo un articolo di Veronica Mazza del 08 Gennaio 2019, la quale ha intervistato Paolo Crepet partendo dall’affermazione: “Insegniamo la passione ai giovani perché abbiano una vita piena e felice”
Il famoso sociologo e psichiatra, che ha intitolato il suo ultimo libro ‘Passione’, spiega: “Il rischio per i ragazzi è illudersi che sforzarsi e sfidarsi non sia così urgente e necessario per vivere una vita felice, e che questo atteggiamento possa portarli a uno stato di apatia diffusa e contagiosa. Dobbiamo incoraggiarli a far diventare la passione un pilastro su cui edificare la loro esistenza, per cambiare la loro esistenza, e il mondo, in meglio“.
Se la passione è l’anticorpo naturale alla paura della vita, allora insegnarla ai giovani è un compito fondamentale, se si vuole davvero sostenerli nella scoperta e costruzione di sé, alimentare la loro gioia, coltivare i loro entusiasmi, non anestetizzarli o assopirli. È questo che afferma Paolo Crepet, il famoso sociologo e psichiatra, nel suo ultimo libro “Passione”, edito da Mondadori, per spronare tutti, dalla famiglia alla scuola, nessuno escluso, a infondere nelle nuove generazioni quel fuoco interiore necessario per tenere accesi i propri desideri e cercare di soddisfarli. Perché il pericolo più grande, in un momento storico come questo e in una società dove dilaga la comodità, spesso a portata di clic, è illudersi che sforzarsi e sfidarsi non sia così urgente e necessario per vivere una vita piena e felice, e che questo atteggiamento possa portare a uno stato di apatia diffusa e contagiosa. Il contrario dell’impeto che invece dovrebbe caratterizzare l’età della gioventù e la sua voglia di cambiare il mondo in meglio. Ne abbiamo parlato con l’autore, per capire come incoraggiare i ragazzi a nutrire questa attitudine e a farla diventare un pilastro su cui edificare la loro esistenza.
D. Quindi molti ragazzi e ragazze hanno una visione erronea della passione…
R. “Purtroppo sì, ma non è certo colpa loro. Come ho già detto in altre occasioni, la responsabilità è dei cattivi maestri, adulti che non sanno che cos’è questa spinta vitale, che parlano solo di problemi, di mutui e di quanto sia difficile la vita. Così gli hanno insegnato, in modo ipocrita e pavido, che le passioni sono pericolose sabbie mobili e non il sale della vita. E il messaggio che passa sa qual è? Visto che la passione comporta sforzo e fatica, allora è meglio vivere di rendita, che non è necessario fare valore aggiunto e puoi sederti sulle tue comodità. E tutto ciò mi sembra una grande offesa alla vita, una bestemmia. Si propone ai giovani un’esistenza al risparmio, non quello economico, ma quello legato alle energie. Un risparmio dal punto di vista mentale, che mette il cervello a chilometri zero”.
D. Cos’è che ha reso i giovani così poco impetuosi?
R. “Hanno tutto o meglio pensano di avere tutto. Effettivamente tutto non hanno, però hanno molto. E del molto che hanno, c’è molto di non necessario. Avendo parecchi privilegi, l’accesso a quello che loro desiderano con un semplice clic sul pc o sul telefono, la tendenza a essere apatici si è diffusa. Io non ce l’ho con il consumismo, io ce l’ho con ciò che consumi gratuitamente. Se tu sei una persona che, ad esempio, il golfino di cachemire, te lo sei conquistato perché hai lavorato, perché l’hai scelto tra milioni di altri golfini di cachemire, perché hai trovato la tonalità più giusta per te, insomma se dietro questo acquisto non compulsivo, c’è una ricerca, un amore, una conquista, allora io non sono contro. La parola privilegio a me non scandalizza, ciò che indigna è il privilegio gratuito, quello preteso, non sudato. Non sembra che ci sia più differenza tra ciò che tu hai ottenuto con il tuo lavoro, con la tua esperienza e ciò che tu vorresti avere gratuitamente. Invece ai ragazzi va insegnata questa abissale e grandissima diversità tra chi raggiunge gli obiettivi con il suo impegno e chi invece pretende privilegi restando comodamente seduto, come un ragazzo che non fa nulla tutto il giorno, ma vuole che il papà ricco gli regali la macchina nuova. Perché mettere assieme queste due categorie è blasfemo”.
R. Che ruolo gioca la famiglia nella trasmissione della passione?
R. “A mio avviso, i genitori non devono dare, devono togliere, non devono non far mancare niente a un figlio, anzi devono fargli mancare un sacco di cose. Questo è un pensiero, se mi consente, un po’ rivoluzionario e come tale rimarrà alla lettera. Bisogna ritrovare la voglia di educare i ragazzi e le ragazze alle difficoltà della vita, spiegando che non si tratta di sciagure, ma di grandi opportunità per testarsi e tirare fuori potenzialità e talenti. Fondamentalmente bisogna essere coerenti, diventare un esempio, perché non si può dire di non stare al cellulare e poi restarci noi incollati per ore. Bisogna avere il coraggio di credere in loro e quindi se tuo figlio prende 4 in matematica, non vai a parlare con l’insegnante, ma con lui e gli dici che sarà capace di tirare su il voto, infondendogli fiducia che ce la può fare da solo, con le sua abilità e la sua intelligenza. Insegniamo ai più giovani a badare a se stessi, perché il coraggio, come la passione, è dentro ognuno di noi, basta tirarlo fuori e non averne paura”.
D. E la scuola invece? Come può insegnare la passione?
R. “È il luogo più importante della nostra comunità, perché tutti quanti andiamo a scuola e quindi è il nodo nevralgico della nostra società. Per cui in questa istituzione importante e fondamentale dovremmo mettere il meglio delle risorse umane, economiche, di fantasia, di creatività e di bellezza. Facciamo tutto questo? L’esatto contrario, perché togliamo soldi all’istruzione, diamo stipendi miserabili agli insegnanti e non riformiamo il sistema educativo. Ci ritroviamo così una scuola borbonica, che promuove tutti. E una scuola che fa questo, è una scuola che ha fallito. Inoltre si valuta e si premia la preparazione, ma non la passione. Invece se dietro lo studio non c’è la passione, le conoscenze non durano, anzi evaporano come l’acqua. La cultura scolastica è in gran parte ancora imperniata su un’astratta idea di istruzione che si fonda sull’affastellamento di nozioni, più che sull’educazione emotiva. Sia a scuola che a casa, invece bisogna trasmettere passione ai nostri figli, diventando noi per primi entusiasti di ciò che gli insegniamo. Va fatto capire che va costruita attraverso gli obiettivi che ci poniamo, attraverso la curiosità, attraverso quello che ci smuove la pancia e l’anima. E soprattutto che non bisogna cedere all’apatia, perché anche se ti appare comoda e facile, ti porta a vivere solo il presente. Mente la passione, se pur difficile e scomoda, nel senso che non ti fa star seduto sul divano, è un verbo al futuro e ti fa costruire la tua vita”.
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